Saturday, December 7, 2019

buon SantAmbroeus

sono appena tornato dalla prima diffusa. e mi sto cucinando un risotto.
in effetti non avrei dovuto essere qui, ma nell'hometown.
poi, qualche giorno fa, sono andato ad ascoltare davide livermore, dal vero. colloquio di storia e di attualità culturale. il tema "tosca", incidentalmente l'opera con cui si apre la stagione scaligera. a santambroeus. che al restares 'l patron de Milan. livermore è incidentalmente anche il regista della prima. ed è un personaggio che va dritto per dritto. pare piuttosto convinto di alcune idee fondamentali, e non mostra molte remore a ribadirle. cosa più semplice da fare nel contesto in cui lo ha fatto, che poi sarebbe la fondazione feltrinelli. il posto dove si offrono un sacco di spunti ad una certa categoria di eventuali radicalscìc. spunti peraltro sempre molto interessanti, dal mio punto di vista, ovvio. e gli spunti rimangono interessanti, al netto degli eventuali radicalscìc.
ero arrivato a quell'incontro piuttosto provato dalla giornata lavorativa.
ne sono uscito ringalluzzito.
livermore dapprima ha titillato evocando quello che sarebbe stato il tratto della sua regia. e mi è venuta un po' di acquolina in bocca per l'attesa. ma quello avrei potuto godermelo anche nell'hometown, guardandomela solitario con a fianco la cagnolina addormentata.
ma non sarebbe stata la stessa cosa.
già perché livermore ha anche aggiunto che quello che si fa alla scala, soprattutto per la prima, è patrimonio che è quasi un unicum al mondo. è importante per tutta l'italia, 'ché mostra un'eccellenza italiana nell'orbo terracqueo. e milano, per quella sera, diventa il centro di tutto questo.
ora.
può essere che costui abbia anche pisciato un po' fuori dal vaso.
può essere che sia l'uscita, molto orgogliosa, di uno che ha delle indubbie capacità. a cui viene messa a disposizione l'eccellenza modiale dal punto di vista musical-operistico, nonché la primizia delle maestranze, delle artigianerie, dei saperi teatrali. oltre che una imponente quantità di denaro per dar corpo alle sue visioni. e che da un ruolo apicale lui diriga - l'avvenenza erotica del potere - grandissima parte della baracca che è, appunto, unica.
ma i giudizi assoluti ed univoci comincio a credere siano veramente una strettissima minoranza [tipo che il razzismo ed il fascismo siano delle cose merdose. a prescindere, comunque, sempre. tipo].
e quindi può essere che oltre all'uscita [ipoteticamente] trombonante, ci sia del vero.
e quello che sono riusciti a far in quel teatro, 'sta sera, è stato qualcosa di pazzesco. effetto leva emozionale di un capolavoro di un visionario, qual è stato il giacomino puccini. uno che ha inventanto il cinema, con trent'anni di anticipo, componendo opere teatrali.
e quella cosa pazzesca sia a disposizione di tutti coloro vogliono fruirne, in tutto il mondo. in tutt'italia. a milano la diffondono in un sacco di spazi condivisi. perché farlo in maniera condivisa ha un'altro effetto leva emotiva. perché percepisci che è anche roba tua, come di coloro che sono dentro la gabbia dorata del teatro, coi frizzichi et lazzi et lustrini et papillon. e fai parte di tutto quell'insieme di cose che è 'sta città. dove quella cosa lì succede, grazie ad eccellenze che arrivano da tutt'italia e da gran parte del mondo. ma succede qui, non altrove. non perché è meritato, o che dia il permesso di guardar dall'alto verso il basso tutto il resto. però resta il fatto che da qualche parte succede. e succede qui. per questo è stato quasi un richiamo andarmelo a vederlo in un posto condiviso. per sentirmi dentro questa specie di comunità che - verosimilmente - non si vedrà più. farlo dall'hometown avrebbe avuto un altro senso. mi sarei emozionato anche lì, ovvio, ma sarebbe stata una roba diversa.
ora.
capisco anche che quest'ondata entusiastica viene via più facile, rispetto a contesti strutturali e congiunturali diversi.
se faticassi ad arrivare a fine mese, o fossi senza lavoro, o nelle millemila altre condizioni di minor privilegio che possono concretizzarsi. sai quanto me ne farei, di starmene in un posto quattro ore e mezzo - guida all'ascolto iniziale compresa. sai quato potrebbe farmi venir la pelle d'oca il finale da brivido, con quarantacinque secondi di musica in più rispetto alla partitura che solitamente viene eseguita. quarantacinque secondi dove livermore tira fuori dal cilindro un finale incredibile [l'aveva buttata lì: se rimarrete sorpresi sarà anche merito mio, se rimarrete delusi sarà solo colpa mia. paraculo, sapendo bene di aver tra le mani il meglio].
non solo.
mi entusiasmo per una rappresentazione teatrale. che è come fosse una ferrari costruita in edizione unica. ed intorno, nel contesto ampio culturale, è come se si avesse la possibilità avere dei macinini scassati, inquinanti, tenuti assieme chissà come. un unicum, che però se rimane unico, allora tanto vale. ed è solo il trionfalismo delle zetatielle di questa città che poterci vivere sta diventando sempre più caro. anche in considerazione del fatto abbia ripreso a marciare spedita, ed il resto d'italia arranca.
tutto questo non s'avrebbe da ignorare.
lo iato diventa sempre più ampio. da una parte insopportabile. dall'altra sarebbe anche poco onesto non riconoscere che visto sia a bordo, provo a prendermi il meglio. tipo la prima diffusa. con cui consustanziare un senso di appartenenza a qualcosa di molto più ampio. forse etereo, ma penso fondamentale: che è quello di comunità, per quanto di perfetti sconosciuti.
anche per questo 'sta città diventa il moto a luogo del progetto che mi pare di aver individuato. [progetto, che è parola facile, ma non mi veniva. è stata odg a tirarla fuori nel profluvio di considerazioni dell'ultima seduta, probabilmente la prima della nuova modalità].
a dirla tutta non è la prima volta che succede, per quanto con declinazioni e precisioni molto variegate fra di loro. lo fu trent'anni fa. poi quasi venti. poi una dozzina. quindi la statistica non mi è favorevole. per quanto aver fatto un po' pace col principio di realtà, una piccola mano potrebbe darla.

d'altro canto è proprio la realtà delle cose a trascendere i bordi di ogni ragionevole tazza [cit]. e la complessità, quando viene ignorata o sbeffeggiata, genera mostri di benaltrismo. ci vuol ben altro che entusiasmarsi per una prima, cui è possibile accedere solo se ricchissimi, ben introdotti, dove quasi nessuno capisce un cazzo di lirica. quella minoranza di una minoranza di privilegiati senza merito, in un paese stressato, diffidente, affacinato dall'uomo forte, cui guardare con astio, perché ci sono loro e non io.
già, vero.
però gli applausi entusiasti della mia vicina di posto, alla fine di ogni atto, erano un po' anche i miei. e mi hanno confermato che spesso è tutto lì, da fruire. anche se costa un po' di fatica, impegno, attenzione, concentrazione.
però alla fine rende un po' più redenti, laicamente. la bellezza dell'arte è punto di attacco della salvezza. perché è il meglio che 'sta pezzottatissima umanità continua a sentir la necessità di produrre, da quando ha cominciato a capire di non aver capito da che parte è girata.  salvezza che dovrebbe essere di tutti, ed ovviamente oggi non è così per ancora troppa umanità.
bisogna farci un po' pace, senza dimenticarsi del resto.
e godersela, quando giungon le stille, proprio per il privilegio di poterla cogliere. ed il fatto di sia statto a santambroeus, non me lo leva nessuno.

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