Saturday, March 21, 2020

considerazioni non assembrate /6: la poesia e le associazioni che non ti aspetti

oggi è il ventunodimarzo. la giornata dedicata alle vittime delle mafie, a proposito di virussssse nazionali, financo esportati.
è anche la giornata internazionale della poesia. son un po' quelle cose che, se c'è da ricordarle, il giorno che inizia la primavera è il primo che ti viene in mente.
poi vabbhé, soprattutto negli anni bisesti, l'equinozio è il venti, ci hai quel giorno in più a febbraio che ti sfasa il calendario. quello scarto, quell'appendice, quell'imprecisione che dà fastidio alla nevrosi dell'inconscio collettivo. tanto che la cultura popolare, quella roba stratificata così in fondo che nemmeno sequele di bagni di razionalismo scettico riescono a raschiare via del tutto, li teme come portatori di sventura, i bisesti. figurarsi quando ci sono nei pressi delle comete. è l'elemento discordante, poco assonante che ci provoca l'allerta.
anno bisesto anno funesto.
appunto, si potrebbe pensare.
ma in fondo, questi tempi sconosciuti, avevano semplicemente una possibilità su quattro di finirci tra i coglioni proprio in un anno bisestile. è la conferma facile del calcolo - base - delle probabilità.
e comunque.
la giornata della poesia.
è un'arte che frequento poco, in senso stretto.  forse nell'assunzione sublinguale distillata dei versi di alcune canzoni. o nel racconto ritmato, melodico, cadenzato di alcuni autori in una dimensione frattale tra la narrazione, il giornalismo e, appunto, la poesia.
la poesia è il gesto tecnico che deve rasentare la perfezione dei movimenti dei centometristi. questione di dettagli e sfumature che sembrano eteree, ma che se funziona entrano nel vivo della carne emotiva. come il riverbero che è battito di ciglia, e zzzzzammmm: arriva.
[sono un mezzofondista nell'arrabattarmi a scribacchiare. un fondista compulsivo nel fruire la lettura].
ecco.
pensavo che mai, come in questi tempi, è la poesia a rappresentare il paradosso dell'etereo che plasma e plana fin giù nella pragmatica. una cosa che riluce alla luce del sole di questo inizio di primavera.
non c'è nulla come la poesia di più lontano dal pratico, che possa essere funzionale nella meccanica delle cause-effetto per mitigare questo tempo: non ci fermi nessuna epidemia, non ci salvi una persona che è una. però non c'è nulla in potenza di più impattante, utile, conseguente per segnare l'emozione e lo spirito in potenza di chiunque [tranne forse l'evoluzione delle cose in cui stiamo passando in mezzo, nel male e nel bene. ma è questione un po' diversa.]
vero. è così per tutta l'arte. così eterea ma così segnante a saperne fruire. ma è la poesia che ne ha più di tutti su tutto il resto. la cosa più semplice da realizzare dal punto di vista materico. inarrivabile se c'è il riverbero che entra nella carne emotiva.
ancora più a fondo adesso. che ci si è scoperti tutti più vulnerabili.

poi siccome le cose accadono pensi alla giornata della poesia e vieni a sapere di nicola, che se n'è andato anche a causa del virus. è la prima persona di cui so con cui ho avuto a che fare. per quanto forse una dozzina di volte in tutto, e comunque sempre un passo di lato rispetto all'amico luca. che lui quei personaggi un po' filibustieri, un po' cazzari, un po' scafati, un po' di un altro mondo li sa gestire molto meglio di me. oltre ad avergli garantito dozzine et dozzine di nuotate in relativa sicurezza fin laggiù alla boa.
era una persona, in tutta la sua peculiarità così lontana dalla mia, difficile da associare esattamente al concetto di poesia. però succede anche un po' questo. pensieri ai versi che una volta letti vagolano, ma possono installartisi dentro. e senza soluzione di continuità il ricordo del ghigno di uno che se l'è vissuta a suo modo - lontanissimo dal mio. che non si rivedrà mai più.

poi vabbhè. se n'è andato anche gianni mura. a proposito degli scrittori della zona frattale di cui sopra. in fondo i miei post destruens et construens degli ultimi due giorni dell'anno sono mooooooooooolto liberamente ispirati alle sue pagelle dei cento nomi dell'anno. per quanto nei miei post sgarruppati non vi siano pagelle.
mura era uno che le parole le sapeva giostrare con la naturalezza e la maestria di un giocoliere, talento naturale. e ne uscivano tavole apparecchiate di prelibatezze da gustare con piacere raro. a leggerlo era come sorseggiare del barolo chinato. sublime.

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