Saturday, March 28, 2020

considerazioni non assembrate /8: infighettamenti, l'analisi.

comunque sì.
può essere mi sia infighettato.
in ogni caso ho provato a chiedermi il perché.
perché alcune istanze, propagazioni, riverberi di alcuni amici, persone cui voglio bene - variegatamente - mi risultino così fastidiosi, idiosincrasici. quando va bene mi taccio, in altre sommessamente butto lì una certa difformità di vedute. e perché mi senta quasi disturbato, sicché l'umore si rabbuia, e la giornata sembra complicarsi in autonoma inevitabilità.

c'è un dato di realtà.
qui la situazione non è buona. qui significa a milano, un filo eccentrica rispetto al centro del fortunale. qui dove ancora si resiste nel limitare la velocità del contagio, dove se dovesse attecchire in maniera importante sarebbe davvero molto, molto, molto complicato.
qui non è nell'hometown, per fortuna.
perché qui ogni qui è diverso da un altro qui, magari nemmeno troppo lontano.
qui, che non è il posto peggiore.
poi ciascheduno se la vive come gli riesce, anche a seconda di come gli gira dentro la complessità, contigente al momento. che cambia. ciascuno se la vive come gli riesce perché siamo fatti in maniera diversa, per fortuna.
provo a guardare qui ed ora con una certa obiettività.
sto bene. sono al sicuro in casa mia, di fatto non esco. lavoro, per una partita iva non è così secondario [poi chissà quanto durerà, ma ci penseremo al momento opportuno, nel caso]. sto bene, e lavoro in casa al sicuro.
tecnicamente devo solo aspettare che passi.
non ostante tutto non è ugualmente semplicissimo. pur avendo contezza che per un sacco di persone è fottutamente più complicato.
un po' ci metto anche del mio, è vero. non guardo la tv, leggo di informazione il minimo indispensabile. ascolto molto la radio, che sta facendo un lavoro semplicemente pazzesco: per informare il meglio possibile, condividendo i pareri più qualificati, suggerendo spunti di riflessione importanti, evitando le polemiche fini a se stesse. ascolto testimonianze che a volte tolgono il fiato, commuovono, spronano. e quindi è tutto un flusso di informazione, emozioni, considerazioni. che poi da far defluire non è facilissimo.
quindi penso a mia madre che - per fortuna - se ne sta paciosa nell'hometown, ma pur sempre abbastanza sola. penso a mio fratello che la sorveglia con discrezione e che soprattutto lavora in una clinica. penso al cugggggino che lavora in una corsia di ospedale lombardo. penso ad alcuni amici medici. penso all'amica Liù, che se la sta svangando con fatica, e piano piano prova ad uscirne con la creatività del suo sistema immunitario. ascolto le paure di persone chiuse in casa con il pensiero che scarta - sacrosantemente - alle difficoltà che ci saranno dopo.
e tutto questo non mi scivola via in maniera indifferente. pur non facendo nulla di eroico, o pericoloso. ma non foss'altro che in tutto questo sia solo. lavoro, vero, e questo mi porta via molto di questi tempi nuovi. ma è oltremodo più faticoso di prima [lavoro che, mica tutto d'un tratto mi sia incominciato a piacere, ma in questo periodo mi sembra oltremodo oltraggioso anche solo osservarlo]. spesso la sera sono semplicemente esausto. ed è incredibile quanta nostalgia abbia del giardino dell'hometown. o di poter semplicemente far due passi guardardomi attorno, seppur nelle vie più o meno di quartire residenziale.
e tutto questo rimbalza impazziando tra le pareti di questa stanza, con appena il fuori da cui si percepisce una cappa strana. la via di casa dell'hometown è normale scoprirla deserta. quello spicchio di via sardegna, che si mostra d'infilata fuori dalla finestra sul balconcino di qui, no. c'è qualcosa che stride.
ho riletto alcuni post scritti appena dentro questi tempi strani. già mi sembrano così lontani. mi trastullavo nello psicopipponeggiare delle istanze positive, per quanto in nuce: ne usciremo migliori, andrà tutto bene.
sono stato improvvido e banale?
no.
ne usciremo diversi, segnati, variegatamente. e proprio tuttotuttotuttotutto non sarà andato bene, molto variegatamente.
era come cioè provassi a ripetermi la lezioncina facile. ora, in questi giorni, è come se fosse sbattuto di fronte il fatto che è tutto molto più complesso, talmente complesso che nessuno - nessuno - sa quando, dove, come finirà. e cosa sarà dopo. e che adesso quella lezione bisogna impararla, anche se per il momento non abbia nulla di cui lamentarmi veramente, anzi. e che ci siamo dentro tutti, con riverberi, dolori, paure, apprensioni anche molto diverse tra di loro. ma tutti. e che "o ne usciamo da compagni, o non ne usciamo" [cit.].
non sto facendo nulla di particolarmente significativo, se non dare il mio piccolissimo contributo acciocché passi. appena sarà possibile farò un bel respiro e proverò a fare qualcosa di più.
no. probabilmente non mi sono infighettato. ci sto passando in mezzo in questo modo. provando a sbocconcellare cose diversamente belle.
e comunque, sempre e comunque, tecnicamente a culo tutto il resto.


[poi credo che quel fastidio di cui sopra sia anche legato a intelligenze che sono necessarie, già adesso. per quello che sarà dopo. ma magari in un altro post.]

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