Sunday, October 31, 2021

delle relatività dei bloggggghe

avevo deciso fosse venuto il tempo un nuovo blogggghetttino. avevo capito che, quello che stavo riempiendo di post, non avrebbe dovuto averne molti altri, dopo il post - venuto di getto, senza pianificarlo, pesante e liberatorio - in cui raccontavo del primo anniversario, di quando mio padre si ammalò. capii che quel blogggghe doveva chiudersi più o meno lì.

solo che mi rugava che in quello nuovo ci fosse scritto, a memento definitivo, creato in un qualche giorno di novembre. novembre, il mese che vorrei finisse ancora prima che cominci. poi però passa. specie nell'ultima decade. ma ormai è quasi del tutto andato.

così lo creai il trentunottobre. non mi andava di aspettare dicembre. che invece è mese che amo molto.

aprii quell'altro primo blogggghe, su suggestione della queeennn: dai, aprine uno, che così ti leggo, ti farebbe molto bene e lo useresti alla stragrande. ah, incidentelmente - aggiunse - conoscerai milllemila donne. io, babbbbbodiminchia, lo aprii per questo. babbodiminchia io. aveva invece ragione lei, non tanto per le donne da conoscere. non fu quella la cosa più importante. comunque, quando mi titillò, i blog erano strumenti di comunicazioni relativemente nuovi. almeno in italia. meno negli iuesssssei. che già servivano a raccontare [anche] delle guerra in irak, fuori dai filtri meinstriiim. e poi venne la blogosfera.

insomma. il trentunottobre nacque il blog relative. che non so mica ancora bene se fosse in inglese o in italiano ["non è la stessa cosa, i meccanici fregano con la lingua, non è la stessa cosa" [cit]]. bisognerebbe aprire un dibattito in redazione, con gli autori. di certo, per certi aspetti, è stato davvero un qualcosa di importante. e non solo perché ho avuto modo di conoscere persone davvero interessanti. che sono variegatamente nel mio cuoricino. ognuno con il suo nicccheneim, quasi mai col nome vero. persone che credo che sarebbe stata un po' più grigina la mia esistenza, non le avessi conosciute. [che poi, in questo periodo, la mia sociopatia abbia raggiunto livelli preoccupanti, che sia regredito, è un fottuto altro paio di maniche, e di camicie]. in quel blogggghettino ho infilato davvero di tutto, nella maniera più roccambolesca possibile. roccambolesca nel senso che quello che mi girava in testa, roccambolando, lo roccambolavo spesso là dentro. era davvero uno zibaldoncino in millesimi.

e scrivevo. scrivevo. scrivevo. e veniva facile farlo. certo. è pieno di refusi che levati. è onusto di post iperombelicali. c'è una densità da nana bianca di periodi circonvoluti, contorti. ma come cazzo mi piaceva scriverci sopra, la qualunque seriosa minchiata, o semplicemente minchiata.

l'amica roby mi disse di apprezzare di più questo di blogggghettino [questo, nel senso di questo dove leggi questo post]. che invece è davvero tutt'altra roba. e non solo perché è in un culdesac commmmmiunitario, e quindi ad andar bene - ma bene - siete in cinquesei. è come se mi fossi nascosto qui dentro. nessun legame con nessun altro bloggggghe. ci arrivi perché ti passo un link. non per caso. ci ritorni per affetto o compassione nei miei confronti, o qualche piacere al bordo dell'ICDC-11. forse era sociopatia anticasuale. qui scrivo meno spesso. per quanto forse di più. ho la sensazione che sia pieno di refusi. onusto di post iperombelicali. un buco nero di periodi circonvoluti. ma non ci sono troppe minchiate. e non credo sia necessariamente un merito.

di certo ora, il blogggghe, è strumento molto da matusa, piuttosto cringe per uno che per lui il feisbuch è da vecchi, ora che anche il feisbuch cambia nome. provano ad incul[c]arci i metaverso. io sto qui a scrivere su di un bloggggghe. figurarsi.

però sticazzi.

e sticazzi anche il fatto che io non lo so, che alla fine forse sono più affezionato all'altro. e qui ogni tanto ci butto su roba, quando supera il filtro della censura degli autori qui dentro.

di più.

non so nemmeno quanto sia così scaltro ritornare, coazione a ripetere, su cose che sono andate. passate. mentre la vita - mi dicono dalla regia - è hic et nunc [questa è la seconda volta che la scrivo, oggi].

di più.

coazione a ripetere su qualcosa che è fottutamente così poco addentellata sulla storia del fare. che è poi la cosa che dovrei disciularmi a fare. che scrivevo seriose minchiate. tante. il paradigma di quel che mi è parato davanti stamani, appena sveglio. quando consideravo che nella vita ho provato a fare poche cose, ma molto convinte. però quelle poche me ne son riuscite quasi nessuna. c'era una gran camera di compensazione in quel blogghe di minchiatine più o meno seriose. che mi divertivo a scrivere. ma minchiatine su di un blogghettino di provincia son rimaste.

quindi sticazzi relative, evviva relative. che l'amica roby quando lo aprii faceva ancora le elementari [se ho fatto bene i conti]. pedddddire, quanto sia un buuuuummmer quella roba lì.

eppure. eppure.

mi son sovvenute due cose. che quella del trentunottobre la scelsi tirato dalla contingenza. ma ha un suo senso ex-post. un senso per certi versi. che - ora - sto rivalutando l'aspetto antropologicamente interessante di questa notte, che è la propaggine più avanzata verso novembre. che ha una valenza potentissima nelle culture di tutta europa. e forse anche oltre. [continuo ad aver studiato altro]. la notte in cui il regno dei morti si avvicina a quello dei vivi. il tempo dell'autunno che la luce si accorcia, il freddo arriva, e si ritira in un'approssimazione di letargo. l'eco di quando si muore. e che ci doveva essere un modo per esorcizzare la paura dell'inverno che si vede là in fondo. che ovvio incutesse timore. a noi l'allovuiinn ci fa una pippa. ed anche le sovrastrutture della festa cattolicheggiante ormai sono state smontate. rimane il senso profondo, archetipo, di quell'espediente che ci siamo inventati per simboleggiare quel passaggio. che è diventata questa notte di vigilia. quel ributtarsi nell'autunno più profondo. e farsi trovare pronti, per provare ad uscirne di nuovo vivi.

ecco. forse per puro caso. o forse no, chissà. ma quel blogghettino è stato un modo per esorcizzare il personalissimo trauma. ed il lutto mica solo mio da portare con, supportare. mi sentivo vivo, allora. e ci speravo eccome si potesse ripartire ed attraversare quell'autunno esistenziale. anche se non so di quanto avessi del tutto contezza fosse un autunno dentro. [certo confusi le primavere successive. ma è altro discorso]. ed il fatto oggi 'sto fottuto autunno esistenziale sia bello pregno e obnubilante è una correlatissima casualità. o una incidentalissima causalità. non credo basti scrivere in questo blogghe, molto cul de sac relazionale, molto più psicopipponico, a farmene venire fuori. sempre sia possibile [l'emozione dice di no. il raziocinio dice di sì]. e comunque è bene me lo ficchi in testa.

risvolto finale. nella testa, confusa, per l'idea confusa del post che avevo in testa nel pomeriggio, il post avrebbe dovuto finire qui. [a dirla tutta, l'avevo vagamente immaginato più lieve. e invece forse tanto lieve non è. giusto per ribadire quanto sia poco fluido e fluente il turbinio ispirativo-creativo, e quanto non l'abbia esattamente sotto controllo. mi sovvengono cose, e quando non le censuro escono un po' come cazzo vogliono. sempre troppo prolisse e pesanti, come da sensazione percepita]. poi ci sono tornato, sul vecchio blogggghe. volevo usarne il fascione come immagine da mettere qui sotto. mi serviva lo screenshot.

ed ho capito una cosa che forse non ho mai del tutto realizzato. in quel bloggghe ho cambiato spesso l'immagine del fascione. erano quasi sempre foto mie, photoscioppate con modalità psichedeliche, che ho smesso da tempo per pudore [oltre al fatto photoscioppi sempre meno]. era un modo di renderlo creativo anche così. ecco. ad un certo punto nel fascione ci misi un dettaglio di amore e psiche di françois gérard. e lì è rimasto. e ri-aprendo quel bloggghettino, poco fa, ho percepito una scintilla: mi sono accorto di quanto sia importante quel fascione. quanto la bellezza di quel quadro, il riverbero che mi ha provocato e che mi provoca, sia molto correlato al ricordo affettuoso che ho di quel blogggghe. la cosa mi si è spalancata nitida ed improvvisa, inconfutabile. e c'è di più. che è un qualcosa di totalmente sganciato dai ricordi, che sono stille pericolossime, che a maneggiarle come mi vien da fare spesso porta nocumento. provo a non farmi fottere dalla malinconia nostalgica di quel che vissi - magari scrivendoci sopra, che quando scrivevo ero incazzato, depresso [nel senso per capirci], o smadonnavo per la complicazione del periodo. mica quest'allure figoso, come rischio di guardarlo adesso. ecco. appunto. quel quadro, quelle sensazioni, sono immanenti: tempo indipendenti. erano allora quando lo infilai sul fascione. lo sono ora. senza ricordi da rimpiangere [surrettiziamente]. non so cosa questo significhi, giù nel dettaglio profondo. forse devo pensarci. di sicuro questo post è già lungo di suo. so soltanto che la sensazione che ho avuto nel piacere di ritrovare quel fascione, è stata rassicurante. è stato bello. come una sorpresa gradita, che uno non si aspetta. però poi quando ti compare davanti è tipo una boccata d'aria fresca. tipo uno squarcio nelle nuvole, e s'intravvede l'azzurro. che magari si richiude. però è roba immanente, è qui ed ora. hic et nunc, appunto. roba che fa passare anche l'autunno. ed il mese di novembre, ormai qui. ma poi lo svanghiamo. accompagnati da amore e psiche.




1 comment:

Robe di Robi said...

Credo di essere finita (più o meno involontariamente) sul primissimo blog.

(Dichiararlo apertamente mi fa sentire meno impicciona)