Wednesday, April 8, 2020

considerazioni non assembrate /11: sindromi

ascolto alla radio un sacco di gente in gamba. leggiucchio di gente esperta. tutti a suggestionare che dopo non sarà più la stessa cosa. e che bisogna mettere energie, testa, intelligenze a ripensare come sarà il dopo. che dovrebbe esserci un cambio di paradigma. o potrebbe esserci. lo scrissi, come a vederlo dentro un film onirico, i primi post di questi tempi nuovi. quelli esperti lo dettagliano meglio. per me una vaga intuizione. molto speranzosa e onusta di ottimismo sulle meraviglie di cui è capace l'animo umano.
ora invece non mi lascia il pensiero che potrebbe venirne fuori una pastetta global-gattopardesca. se non peggio. in fondo, giusto un secolo fa, cominciarono i rigurgiti fascio-nazisti. proprio dopo un periodo non esattamente semplicissimo. una guerra mondiale ed una pandemia a due ondate.
ecco.
tipo.
abbiamo il vantaggio che, avendo visto com'è andò, possiamo evitare di farlo. ma non è mica detto che ci si riesca del tutto.
ma tant'è.
chissà come sarà quelo dopo, globalissimamente.
in realtà mi è venuto da pensare che non penso più al dopo. quello prossimo in termini di tempo e di spazio personale. quel che sarà per me tra qualche giorno, o settimana, o mese.
non credo sia una questione di disperazione. semmai che sto concentrato sul momento, visto che non è proprio facilisssssssssssimo, per quanto privilegiato sia. la radio racconta di quel che c'è appena fuori. quindi meglio non distrarsi. e star sul pezzo. con imprescindibile commitment, come direbbero quelli bravi là dentro, che usano spesso queste locuzioni inglesi.
così mentre facevo la minzione prima della nanna ho pensato che chissà come saranno i primissimi dopo di un sacco di cose. come sarà stringere una mano. come sarà il primo abbraccio. come sarà il primo bacio amichevole. come sarà il primo bacio da lingua in bocca [sempre dovesse capitare]. come sarà la prima volta che farò all'ammmmmmore [sempre dovesse capitare]. come sarà rivedere matreme, fratteme. come sarà rivedere gli amici, se mi verrà voglia di non rivederne più alcuni. come sarà rivedere i colleghi. come sarà ritornare là dentro. come sarà rivedere il lago, i monti, il mare. come sarà saltare su di un treno ed andare da qualche parte con uno spirito vagamente da viaggio dentro, che non serviva andar lontano o andarci per molto, era per la stessa ragione del viaggio viaggiare [cit.].
i primissimi giorni pensavo che dopo sarebbe stato bellissimo, carico di un ritrovato senso di valore fondante e profondo.
ora mi riesce un po' meno.
di nuovo.
non è disperazione.
ma è come se tutto questo adesso mi facesse un po' di sottilissima paura. forse è il commitment per starsene con la massima efficienza, serenità, disposizione d'animo nel presente, che è complicatino. quindi un meccanismo psichicamente volto a preservare la salute della crapa. una roba autoimmune.
o forse è che ci si è nebulizzati con una variante della sindrome di stoccolma.
però, in questo momento, il primo pensiero sgorgante è che l'incerto dopo, magari, che venga anche un tocchettino dopo. che rimettere il muso fuori casa potrebbe anche non essere così banale, nei primissimi istanti del dopo.

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