Saturday, April 11, 2020

considerazioni non assembrate /13: il sabato di pasqua, senza le campane

si passa attraverso situazioni più o meno variegate.
quattordici anni fa passai attraverso la prima pasqua dopo che patreme se n'era andato. mi ero appuntato potesse passare da lì un primo virgulto di tempo che cominciava a rischiararsi. decisi che quella ricorrenza, comunque particolare, unita all'inevitabile primavera, potevano essere valide alleate.
sono passato attraverso pasque in cui era come sentissi l'odore della vita che mi si spalancava davanti, senza sapere esattamente perché o come stesse accadendo: solo un'istintiva fiducia per quello che sarebbe venuto.
sono passato in mezzo a pasque in cui attendevo, qualche passo prima dello sgomento, il sciogliersi delle campane della chiesa dell'hometown: a casa, lontano da quella collegiata in cui ne avevo ascoltato il suono per anni. in una di quelle serate di passaggio pasquali cominciai a scrivere alla mia amica queenfrancy. ed in fondo, 'sto post, è una specie di succedaneo.
sono passato attraverso delle veglie pasquali quasi convinto di cogliere il messaggio potente, assoluto, inconfutabile di quell'evento salvifico. quando ero intimamente felice di vivermi il momento centrale, su cui si fonda la cristianità, in maniera quasi intima: tutti gli altri concentrati sul natale. no, per noi che avevamo capito fino in fondo, privilegiati tra tutti coloro che avevano avuto la rivelazione ma se ne stavano paciosi nella loro mediocrità.
insomma.
sono passato in mezzo ad un discreto numero di pasque.
negli ultimi anni, dopo il tempo della [mal riposta] convinzione, dopo il tempo dell'eco struggente delle campane che si sciolgono, mi era sembrato di passare in mezzo ad una discreta serenità nella pasqua.
ed ho cominciato a trovare interessante il sabato. quello nel bel mezzo del passaggio. quel sabato che, tuonavo anni prima, era l'essenza dell'immobilismo della mediocrità cristiana: tra il venerdì della passione e la domenica della resurrezione.
ora, naturalmente, non tuono più. e forse la sua precipuità non è affatto l'immobilismo, ma il suo esatto contrario. è il giorno in cui si passa, necessariamente. la pasqua, il passaggio. anche per un laico agnostico.
la chiesa, nell'hometown, ha quella luce di traverso che mi è rimasta attaccata alla retina come la luce del sabato di pasqua. ce l'ha anche nei giorni nei dintorni, ovvio. ma dovessi capitarci e rivederla, in quei fasci attraverso le vetrate invero un po' sfighinz, significherebbe solo una cosa: la luce del sabato. come se fosse solo di quel giorno e di nessun altro. [parentesi: è stato in quel sabato che conobbi l'attuale fidanzata dell'amico daniele. noi due così agnostici,  seppur così diversamente l'uno dall'altro, conoscere la sua fianzè e la sua quasi spanna in più in altezza proprio lì, in chiesa, il sabato del passaggio].
e quindi si passa in mezzo a situazioni decisamente variegate.
sono passato attraverso sabati di pasqua intimamente ben più complicati di questo.
per quanto questo rimarrà indelebile globalmente [che bella banalità ho scritto]. non sentirò nessuna campana sciogliersi a festa, perché qui non si sente nessuna campana. è una cosa straniante, che forse è un altro tassello che si ammonticchia alla stranietà che sento montare per questa città. non so dopo, se, come, quanto riuscirò a decostruirlo. non ci avevo in effetti mai fatto molto caso, al fatto non si sentano campane dico. forse mi ha titillato ieri l'amica queenfrancy, riportandomi al pensiero delle campane che si sciolgon. ci stavo passando distratto, nella stranietà di questi tempi. mi ha talmente titillato che la notte scorsa le ho sognate 'ste fottute campane. ero sul balconcino e mi rendevo conto stessero suonando nella domenica di pasqua. peddddddire. e ne traevo una specie di gioia immotivata. o speranza per guardare avanti e farlo 'sto passaggio: insomma una vaibrescion molto bella, come ne mancano nei sogni da giorni et giorni et giorni. qualcosa che potrebbe ovviare a questa specie di incazzosità latente, che si è adagiata in questi giorni, come scrivevo all'amico luca oggi, dopo settimane senza interloquirci.
una specie di patina, per quanto stia bene e non abbia proprio un cazzo - al momento - per cui dover recriminare
immagino sia più che normale, la patina dico. come l'effetto di una quaresima che nessuno desiderava, e che abbiamo fatta tutti, a 'sto giro. senza dimenticare, ovvio, che l'abbiamo comunque fatta da fortunati occidentali, cui - peraltro - mai si è passati dal patimento di fame et stenti.
ed ora passiamo attraverso questo sabato prima di pasqua. che sarà fottutamente più lungo di altri. sicuramente molto più segnante. ma continua ad essere un giorno in cui si passa necessariamente attraverso.
'ché c'è un passaggio da fare, appunto: la pasqua, che comunque - ci dicono i bene informati - è per tutti.
ce la faremo. daremo il giusto ricordo a chi se n'è andato. tributeremo la riconoscenza a chi non si è tirato indietro. capiremo come raddrizzare la barra. non sarà semplicissimo. sarà faticoso. non sarà breve. ma ce la faremo.
e si scioglieranno la campane.

1 comment:

Unknown said...

Falle accenno se puoi a quella tua amica... C.